mercoledì 22 febbraio 2012

ULULATI



Ci fosse appena un po’ d’amore tra le mie mani, benedirei la luna che me le illumina e così facendo mi ferisce. E ci fosse nascosto un poeta tra queste dita, interromperei il passo mio di corsa, farei di queste righe un canto ed allora si, potrei mettermi a ululare senza timore d’essere cacciato o, peggio ancora, d’esser cacciatore.
Che dei crateri farei bersaglio, della curva cavatappi e dei suoi cicli in calendario macchie rosse da celebrare con un brindisi quand’è sera. E festeggiando, alle sottane gonfie nella danza corteggerei l’orlo con lo sguardo nella speranza di vederlo scivolare a terra sino a scoprire il rosa sudato della  pelle. Allora si, ululerei; di luglio come a novembre. Perch’è tanta la distanza dalla luna, ma non basta a renderla distante, né serve misurarla a metri o a spanne. E’ la luna, fatta apposta per generare inganni, che la sua luce non ti mostra il mondo com’è, né come sarà. Dimenticata lì da qualche Dio capriccioso che forse ci voleva mettere alla prova, poi si è distratto e l’ha lasciata immobile a guardarci sempre con lo stesso sguardo.
Ma se basta un tratto di matita a renderla presente, sia l’ululare mio la gomma, e poi di nuovo penna e poi gomma ancora, sin che al foglio stanco finalmente appaia un soldo, un volto o magari una speranza, da spendere nelle sere come questa, quando il solo rammarico è di luna che manca.

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