domenica 26 febbraio 2012

RISVEGLI

Non ti ho sentito alzare
stamattina.
Seduto sull’orlo del letto
ho atteso al buio
il tuo passo
i tuoi gesti
la macchina del caffè sbuffare
il rumore distratto
d’una tazzina in lontananza.

Improvviso uno sguardo
al tuo lenzuolo
intatto
m'ha ricordato
quanto mi manchi.


mercoledì 22 febbraio 2012

CLOSE TO THE EDGE


Lente si alzano le nostalgie
inaspettate,
come nebbia di maggio
mosse a casaccio
nei nostri giorni confusi
da un Dio capriccioso
e beffardo.
Certo passeranno
anche stavolta
ad infoltire
la schiera dei “..io c’ero..”
appesi alla ragnatela dei ricordi.
Ma intanto è notte
tace l’anima
e tace anche Dio
che d’altra verità
non ascolta parole.


IL LUPO PERDE IL PELO


Lungo sgranare di parole stamane
rosario inutile e spento
mal recitato da attori fasulli
                 “……nel nome del Popolo Italiano……….
io, che ho ferro alle mani
osservo paesaggi in divisa
masticando tabacco e madonne
“…..ai sensi e per gli effetti dell’articolo…
all’orologio mio potrò donare
tempo, tanto tempo,
da poterlo anche fermare
“…..tenuto conto della gravità dei fatti…
ch’io un’ora al giorno
avrò a misura di estati e inverni
ed altre venti a ricordare
                 …..condanna il qui presente…..
di com’è fatta erba e brina
e come le spiagge deserte
si animano a sera di femmine e voci
                 ….alla pena dell’ergastolo…..
per corteggiare nel buio
la più bella che passa e poi
con la mia lama solleticarle il cuore

IL POZZO


C’è un pozzo profondo nascosto
tra le righe che leggi

Ogni tanto mi ci fermo a pensare,
e pescando a casaccio nel buio
attingo quel po’ di dolore che basta
a tirar sera col fiato di sempre.

Poi sciolgo la mano al saluto e riparto
lasciandomi dietro una polvere antica
e tanta corda a penzolare
come rimpianto.

GARBO


Ti scrivo col garbo che merita il ricordo di te
senza oltrepassare le righe immaginarie
che mi tracciasti intorno senza saperlo

Erano cerchi nel grano i sorrisi a perdere
che con avida bocca mi stampavi a pelle di cuore
ora invece, tatuata l’anima a fuoco
non resta che un lieve tremore nell’aria
livido testimone del tuo amore


DI SOLE E DI ARIA

Di sole e di aria,

di sassi a inciampare
nascosti tra i fiori,

di trame impossibili
e bocconi avvelenati,

di magie assassine
ed antichi  medicamenti,

di lame affilate
puntate alle spalle della notte,

o calde coperte
ad avvolgere insonnie

infine e comunque
d’amore, ed amore una volta ancora

di tutto questo
e di tanto altro insieme
si scrive
senza sapere se il pubblico è attento
o se non ci resta che un sogno
un ultimo sogno
ancora da esplorare.

AMORE CONTADINO



Stasera è così,
tesoro
stasera è peccato pensarti
come è dolore ricordare
che acqua al prato non nutre
né coltiva.

È zappa alle mani
e sudore col piccone,
è cura quotidiana
a rifiorir di sterpi serva.

Questo, amore,
è amore

ARRIVERA' PRIMAVERA


Arriverà primavera
e sarai sveglia ad aspettare
un profumo diverso
un colore
una semplice foglia

Campanile lontano
da raggiungere entro sera
scocca l’ora
dalla quale è difficile tornare

ULULATI



Ci fosse appena un po’ d’amore tra le mie mani, benedirei la luna che me le illumina e così facendo mi ferisce. E ci fosse nascosto un poeta tra queste dita, interromperei il passo mio di corsa, farei di queste righe un canto ed allora si, potrei mettermi a ululare senza timore d’essere cacciato o, peggio ancora, d’esser cacciatore.
Che dei crateri farei bersaglio, della curva cavatappi e dei suoi cicli in calendario macchie rosse da celebrare con un brindisi quand’è sera. E festeggiando, alle sottane gonfie nella danza corteggerei l’orlo con lo sguardo nella speranza di vederlo scivolare a terra sino a scoprire il rosa sudato della  pelle. Allora si, ululerei; di luglio come a novembre. Perch’è tanta la distanza dalla luna, ma non basta a renderla distante, né serve misurarla a metri o a spanne. E’ la luna, fatta apposta per generare inganni, che la sua luce non ti mostra il mondo com’è, né come sarà. Dimenticata lì da qualche Dio capriccioso che forse ci voleva mettere alla prova, poi si è distratto e l’ha lasciata immobile a guardarci sempre con lo stesso sguardo.
Ma se basta un tratto di matita a renderla presente, sia l’ululare mio la gomma, e poi di nuovo penna e poi gomma ancora, sin che al foglio stanco finalmente appaia un soldo, un volto o magari una speranza, da spendere nelle sere come questa, quando il solo rammarico è di luna che manca.

domenica 19 febbraio 2012

GLI ULTIMI ISTANTI DEL CAPITANO MILLER



I gelidi silenzi delle guerre che stanno per finire  non mi appartengono più.
Così non sarò alla parata finale, ostentando bandiere ed armi luccicanti al sole della vittoria. E non avrò sorrisi per le donne festanti, no nessun sorriso a rallegrarmi il volto.
Perché io non sarò più battaglia, né armistizio. Non firma sul trattato o discorso alla nazione.
Solo nome sul marmo, lunghe file di marmo in forma di croce ad insegnare che guerra è giusto. Che guerra è bello.
Vi prego, non fatemi il dispetto di una sepoltura degna, di una tomba incolonnata a semicerchio con le altre mille a disegnare terra e cielo.
Non rasate l’erba l’intorno né coltivate siepi e fiori a coronamento.
Non sia quel posto un parco giochi ai figli dei superstiti, vi prego.
Lasciate aperte fosse e legno, che ognuno possa veder  l’effetto blasfemo della mitraglia, l’onta della scheggia che lacera la carne, la vita sospesa sull’orlo dell’eterno.
Lasciate l’osso magro spuntare dalla divisa, la mandibola storta sotto l’elmetto, la mano  fredda che sembra accarezzare il fango.
Ma lasciatemi addosso la foto di mia moglie, macchiata da un sangue nero diventato ormai qualunque, ed esponetemi alla pioggia, che mi lavi ancora com’era un tempo. Quel tempo puro ch’io nemmeno mi ricordo.
Mettetemi in mostra così come sono, carne una volta, adesso che importa.
Che almeno una morte, la mia, serva a qualcosa, a qualcuno un giorno per ribellarsi al verbo devi.
E non sia inutile questa rinuncia.
Che il mio andare è già segnato, come affondare piano sapendo già di non voler nuotare.

CICATRICI



Sono dettagli minori
macchie sbiadite
coperte da fodera slabbrata
le cicatrici che indossiamo
senza darlo a vedere

Nate malate
da arte improvvisata
mai desiderate
né curate
con la dovuta perizia
ci conviviamo
le accarezziamo
talora
per giorni e giorni
sino a farle scomparire
agli occhi degli altri.

Tanto poi
si continua a medicare
coi mezzi a disposizione:
fuochi d’agosto,
ago e filo a rammendare,
prova di bella di calligrafia,
o semplice fiato d’autunno
da respirare insieme.

In fondo
è solo esercizio
al dolore.

A MEZZA VIA



Stelle basse
a mezza via d’azzurro
osservo da lontano

E credo sia
l’essere uomo
un privilegio triste
a sopportare

VERRA'



Verrà il giorno
che avrai nuovamente
desiderio di me.
Lontano nello spazio
-sicuramente nel tempo-
sarò nube che passa
per spioverti accanto.
Sarò neve che fiocca
poi ghiaccio tagliente
alle mani.
Sarò notte che ricopre
e scuro il mio volto
vedrai apparire
come fossi fantasma.
Verrà il giorno che
ti siederai a pensarmi,
una mano a sorreggerti il mento
che accarezzavo all'imbrunire.
Si verrà un giorno tutto ciò
e tu
non saprai che fare.

FRAGILI



Fragile ricordo
il volto tuo
mi rimane accanto
l’aria ferma come
selva di dolore e calore

Inconsistenza che taglia
e ferisce
senza nulla a sanguinare
sintesi perfetta
del vuoto che avvolge
e non permette respiro