domenica 11 marzo 2012

MENAGE A TROIS

- Amore, ti prego, ascoltami, ti assicuro che con lei non è successo niente; non l’ho mai nemmeno guardata una volta, non ho mai notato la guepiere rossa che portava sotto al vestito, né le calze a rete ed i tacchi a spillo che indossava in ufficio. E poi lo sai che non ti tradirei, e comunque mai con una così, vero amore? che c’entra se hai le foto, certo sembra che ci stiamo baciando, ma è sicuramente un effetto ottico, era una festa con tanta gente, l’effetto prospettiva, forse avevamo bevuto, nemmeno io ricordo tanto bene…. Sai com’è. Ma ragiona, cara, credi che io potrei mai essere così scemo da baciarla in pubblico una così?
Le mutandine nere dici? dici?vaggio.no capitate lì, tesoro, davvero, sarà stata una delle ragazze dell'todel volume. Coglia.i., ah quelle mutandine che hai trovato in macchina….. non so come siano capitate lì, tesoro, saranno di una delle ragazze dell’autolavaggio, sono sempre in vena di scherzi quelle.
Davvero, amore mio, non è successo niente con quella donna, credimi; non basterà certo il fatto che siamo rimasti bloccati dalla neve nello chalet tre giorni da soli io e lei a farti pensare male vero? E poi, non sei rimasta chiusa in ascensore anche tu con…..chi era…..ah si, con Don Giulio? Ed io mica per questo ho pensato male di te….. Si, lo so che vi hanno liberato dopo cinque minuti e che nella cabina c’era anche tua madre, me lo ricordo, era solo per farti capire che di te io ho la massima fiducia. Pensa, in quei tre giorni abbiamo parlato spesso anche di te, ….no, non è per cambiare argomento è che…….i segni….. che segni?…..ah,i segni di denti sul mio cazzo……tesoro, non vorrei deluderti, ma…..sono i tuoi. Eh sì, non te l’ho mai detto ma tu soffri di sonnambulismo, e l’altra notte, quando ti sei fermata a dormire da me…. Ebbene  hai avuto un terribile attacco così io per non svegliarti ti ho assecondato…… e poi se tornata a dormire. Tu non ricordi nulla vero? Vedi che ho fatto bene a non svegliarti….
Ti prego, cara, adesso smettila di tormentarti e dammi un bacio, possibile che dopo tutte le spiegazioni che ti ho dato ancora non mi credi?
Ok amore, ho un’idea, stasera la invitiamo a cena da noi così chiariremo tutto insieme e  tu non avrai più alcun dubbio, ok?
Guardami negli occhi……ti fidi di me ?

- No, vaffanculo !!

SFUMATO



Tu lo vorresti ancora
questo amore di striscio
buono a volte, altre meno,
scaglia d'osso a ferirti in gola
eppure nutriente sale
in sapore d'estate.

Si, tu lo vorresti
come un cammino
compiuto senza sforzo,
volando quasi alla mèta
ch'è solo orizzonte e non destino
il suo richiamo

Vela gonfia all'imbrunire
il ricordo sfuma in grigio
si fa punto
poi scompare.

SERSE

L’ultimo minuto di vita gli passò davanti inosservato come tanti altri prima. Perché a volte la morte arriva senza annunci, senza fanfare o clamori; ed è una fortuna, che però non si fa in tempo ad apprezzare.

Con la scopa tra le mani e la cantina da sistemare Serse aveva pensieri usuali quel giorno. Ogni tanto, cercando di schiacciare qualche scarafaggio temerario che cercava di sfuggirgli tra i piedi, imprimeva rapide accelerazioni alla sua azione; poi tornava a ramazzare a capo chino sentendosi un po’ meglio ad ogni insetto spiaccicato.
“….poi devo trovare una scatolone per i vetri rotti…”
Sotto alla luce fredda del neon spostava cose da un angolo all’altro; le scatole con gli addobbi di Natale da una parte, quelle con tutte le vecchie bollette mezze sbiadite dall’altra.
Poi trasferiva le lattine d’olio pugliese, quello buono per le grandi occasioni, nello scaffale d’angolo, impropriamente accanto alle bottiglie di liquore. Perchè ogni cantina ha l’impronta del suo padrone,  con vicinanze inconsuete e logiche impossibili, e pur tuttavia funzionali. Come una grande quadro futurista dove si sposano in matrimoni blasfemi speranze ed errori.
“… chissà che c’è stasera in tv..”
Non ricordando cosa ci fosse dentro, apriva scatoloni dopo scatoloni, osservando l’interno di ognuno a volte con stupore, a volte con fastidio. Ritrovò i vecchi quaderni di sua madre, dove ogni tanto da bambino si perdeva osservando quella esile calligrafia ricamare frasi e ghirigori.
“… ma pensa te che cosa facevano scrivere ai bambini all’epoca del fascio…cazzo di un mal di stomaco, è un’ora almeno e non passa..”
E ritrovò vecchie cartoline di luoghi e persone dimenticati, le filigrane di timbri illeggibili a testimoniare tempi così lontani da non poter nemmeno essere ricordati.
Ma quando quell’ultimo minuto iniziò non c’era ancora più molto da fare nella cantina. La polvere nell’aria, sollevata dai colpi di scopa sul pavimento, si stava lentamente depositando sulle cose, come non si fosse mai alzata. E lui osservava soddisfatto quel nuovo ordine ch’era riuscito ad assegnare alle cose, un poco come sentendosi Dio alla fine del settimo giorno.
“… ho fatto un buon lavoro quest’oggi, per qualche tempo ancora non sarà più necess…ah...!.”
Serse non cadde subito; rimase in piedi con la scopa rossa ancora tra le mani per qualche secondo, immobile, come un soldato sull’attenti. Un gesto appena tentato di portarsi la mano sul cuore fu il suo ultimo atto; ma quando toccò terra col capo era già morto.

Dall’angolo più scuro della stanza, nascosto da un antico tappeto persiano arrotolato, dopo pochi secondi uno scarafaggio, con circospezione si affacciò.

NUVOLE



A volte
mi ritrovo a volare
appeso a una nuvola

Prezzo equo
da pagare
per l'incapacità
a dir parole
da così lontano
che distanza
e memoria
non bastano
a dirsi assenti

LUCE



E' luce arsa
a seccarmi come foglia
e consumare il fiato
che mi resta
in polvere d'oro
che stento a dissipare

Un Dio nemico osserva
e tace
del mio respiro
che mal conosce
d'aria
e vento
rotta e senso.

Io aspetto
che venga un giorno
il turno mio di luce
a soggiogare
come fossi torcia
e non carbone
ad invecchiare.

FUORI TEMPO MASSIMO (L'amore interrotto)



Come correva svelto il tempo
troppo affannato a crescere
in ombre sbagliate
come rampicanti d’inverno

Un orizzonte indeciso
frutto del nostro fiato sottile
apparve un giorno ad oriente.

Ma ormai non c’era più nulla
che valesse la pena
d’esser salvato.

IMPROVVISAZIONE #2 – 11-09-2010 - h. 00,21



Farò mio
il tremore lieve
dell’imperfezione

Ne scioglierò l’essenza
tra boschi innevati
da colorare a primavera
ma sarai tu
a guidare la mia mano

E per il tuo sorriso
nascosto appena dal cuscino
io sarò tela bianca
che respira
e come cornice
abbraccio da riempire

LA CANDELA


L’ho accesa.
Cinquanta centesimi
di cera immobile
a consumare
fiato d’ossigeno
in penombra ecclesiale.

Riflette
dal vetro del Cristo disteso
quel tenue calore
come fosse vita
e non fiamma
a tremare

E Dio
-ed io-
come statua fermo
ad aspettare
muoversi l’aria.


DI TE VORREI SAPERE




Vorrei trovarti ancora lì
sul muro in sasso
dove sedevi a sera
le mani in grembo
raccolte a nido
e regalar sorrisi
al mio parlare.

Vorrei saperti
felice come allora
gli occhi rossi al pianto
un ricordo da stornare
alla colonna dei ricavi
e i tuoi capelli lisci
un orizzonte verticale
da accarezzare senza sforzo.

Si, vorrei
ma il mio guinzaglio
non comanda
l'aritmetica memoria dell'arte
così m'accontento
di girar casa
a notte
sfiorando mobili
e anticipando ostacoli
con traiettorie immaginarie
disegnate al buio.

Perchè so bene
la posizione delle cose.


COSMESI


Lascivo abbandono
sfocato dall’eco
perenne di risa
e carezze a sfiorare
Era solo cosmesi
a galleggiare
tra noi ,
schiuma malata,
non altro.

SUCCEDE DI MAGGIO



Il primo taglio d'erba a primavera
son lucertole leste a fuggire
tra siepi, ombre
e sottoscala.

Memorie di calore
in luce e aria
promettono estate
mentre un passaparola di foglie
è contorno al ronzìo
del calabrone.

Curioso il topo
annusa nemici
e pianifica mete
all'imbrunire



EPISTOLARIO PROSSIMO


Partirò da lontano.
Nella rincorsa scalderò  muscoli e cuore,  fendendo l’aria fredda di gennaio col fiato corto e vaporoso che il sole renderà arcobaleno ai tuoi occhi.
Con lame d’acciaio ai piedi e coraggio incosciente nella testa mi lancerò sul lago ghiacciato della tua indifferenza ed inizierò la danza.
Senza musica, col sottofondo storto di un dolce canto di uccelli, o col fremito secco d’un respiro di vento che accarezza i rami, danzerò per te la mia canzone.
Senza pubblico, né giudici; e nessun tempo scaltro a mordermi la corsa.
Col ritmo solo imposto dai miei passi a destar tensione o creare incanto.
Il crepitar metallico dei pattini alternato allo scivolio rugoso che incide il ghiaccio, ne segna la lastra con traiettorie piene, i gesti rotondi disegnati in bianco, poi intrecciati a formar ghirlande e curve.
Ed io a immaginare te che dall’alto osservi, levata per un momento dal tuo gelo e dal mio orizzonte, e sorridere sorpresa ad ogni giravolta.
Poi tornerò; lento, di spalle, scivolando all’indietro come fossi in un tuo abbraccio.
A capo chino sperando che per magia quel ghiaccio potesse diventare cielo alto in cui volare insieme per iperboli infinite; coi miei pattini trasformati in ali ed il tuo ventre capannuvola tiepida dove riposare.
O se invece quel lago fosse solo una semplice pozza nella quale inevitabilmente annegare quando scioglie il gelo a primavera.

*****

Chi sei tu
che danzando m’accompagni a sera ?
Chi vuoi essere,
o chi vuoi ch’io sia?
Mi deliziano lo sguardo i tuoi volteggi,
e plastico d’aria ogni momento resta
nella sua simmetria al mio sognare.
Non ghiaccio, non freddo,
ma timore;
è storia antica questa da scoprire,
è cruccio e silenzio  
turbato con voce bassa
e parodia d’amore.
Ch’è solo donna il mio mistero,
ma è tanto
e difficile a svelare.
Ti prego ascolta,
serba il volo più acuto
per altri tempi che saranno;
quando e se.
E nel frattempo ruota, e vibra
e gira per me le piroette tue rotonde,
che meno lungo risulti il nostro inverno,
e tu nel ballo riesca alfine
a spezzare questo ghiaccio
e trasformarlo in onda da solcare,
senza affondare oltre che d’un graffio alla mia mano,
alzata ad abbracciarti mentre danzi su quest’oceano
come fossi vento.

188 Km/h

Lo Spirit of St Louis atterrò il 21 maggio 1927 alle 22,00 all’aeroporto di Le Bourget, nei pressi di Parigi, proveniente da New York.
Le trasvolate atlantiche diventavano così realtà.
Il pilota era Charles Lindbergh, che con questa storica impresa entrò nella leggenda.

* * *



Scoppia e sputa, sputa e scoppia
sin che tuono al mio rombo risponde

sia questa fiamma la mia veste da indossare
sudario ora o uniforme per sempre.

Sia deserto che m’inghiotte
siano stelle fredde
cui mostrarsi senza timore.

O la fame di vuoto
sia
che mi appartiene
e insieme mi possiede
come traguardo.

Ed io
molecola sciocca portata dal vento
ostento la mia gloria
di legno e tela vestita
sin che terra non appaia
a svegliarmi dal sogno
e dal sonno portarmi lo sguardo
ancor più su
a solleticare quell’unghia di luna
che come amo mi invita
ad abboccare


* * *


Dedicata a Charles Nungesser e Francois Coli, aviatori francesi dispersi con il loro monomotore Oiseau Blanc sulla rotta Parigi-New York l’8 maggio 1927.
Due settimane prima di Lindbergh.

GIORNI COLOR NEVE



Dei giorni color neve
rimane solo terra nera e bagnata
Elettrici i miei muscoli
stancamente gonfio a sera
preparandomi all’estate
che prima o poi
mi  sorprenderà alla finestra.

HAPPY HOUR


Ho il cuore tatuato, ormai
frutto acerbo
di un’Happy Hour di fine estate
L’hai inciso tu,
piccoli punti a sanguinare
poi lesta la cura
lingua su lingua
corpo su corpo
il rotolare lento dei momenti
le mani che accarezzano,
che stringono,
poi rapida la fine
il lenzuolo sventolato
bandiera a fuggire

IL GIOCATORE


Lancia i dadi
e sorride
l’uomo nell’angolo.

Sul bordo in velluto
batte l’avorio
e rotolano cubi come torrente,
punti neri a giostrare
quasi balordi pensieri
che sciolgono vite
animando giorni e colori
al calendario
in difetto d’amore.

Poi si ferma la giostra
ride il banco
e dall’angolo morto
anche l’ombra dell’uomo
scompare.

IL REGALO

Prendi queste parole,
le frasi spezzate,
gli accenti fuori posto
delle virgole curve
ed ogni utile aggettivo,
porta tutto con te
che il volo sarà lungo
e non c’è terra alcuna
ad aspettare.

Tienile con te a sera
perché rimanga almeno
qualche tempo di riserva
con cui perdersi
fra storie  una volta trascurate
ed ora in bella mostra allineate.

E infine sia,
ciò che resta da capire,
soltanto il nome mio
e nient’altro da imparare
che a notte è solo sogno
a cadere dalle mani
come libro aperto
nel momento di dormire.

NORVEGIAN WOOD


Giallo ocra su rosso cangiante,
odore di funghi e di foglie bagnate
in questo bosco d’autunno che mi circonda,
tutto rammenta il caso,
l’inattesa fortuna
d’essere vivo adesso
abitando il tempo che mi è concesso
senza merito o colpa alcuna,
spaiando applausi ed altrui attese
come fossero calze indossate nel buio


SETTEMBRE



E’ triste a finire l’estate
coi mezzi colori
schiavi d’ombre appassite
che al tramonto
accompagnano vecchi
al passeggio
e coppie d’amanti
attraverso la sera.

Non più l’ozio sudato
a governo di mani e ventagli
né ghiaccio o granita
sui tavoli al parco.

Arida sacca svuotata
ogni cosa soggiace all’autunno
e solo il calore sbiadito
di foglie secche su ramo
rimane in ricordo di vita.



SEDUTO A UN PREMIO DI POESIA


Seggi dorati, dove scalpitano pensieri.
Voci laccate da verbi e respiri,
peregrinare infinito tra lune e gabbiani,
 - ancora , anche qui -
 e finalmente l’applauso
a sciogliere aria ed attesa.
Io li guardo cercando
quel comune denominatore
il segno distintivo di chi scrive
forse una cicatrice,
o un’ombra sul volto
ma vedo solo persone
che mai avrei creduto
….toh, quello sembra panettiere,
la grassa bionda di certo sa cucinare i ravioli
mentre quell’altro pare persino malato….
E poi barbe, occhiali, maglioni,
rossetti e profumi …..
Chissà se anch’io, ai loro occhi
rifletto miserie quotidiane
come invero è nel nostro navigare.
Che su mappe obsolete
si stirano rotte come fossero ragnatele
mentre invece e solamente
sapore di fuga

NORD (Inis Mor)



Ho passo d'erba
e maestrale ai capelli.

Di luce vestita
la roccia
è festa ai miei occhi
schiuma che vola
nel coro del vento

NON


Non è per te
questa riga inchiostrata a parole
appese al  silenzio appuntito dei secondi
quasi ogni suono fosse dolore
ed il verso il coraggio che manca

No, non è tua
la voce fuori campo
che canta di noi, e quindi del niente,
con l’unico modo che resta
per farsi finalmente sentire

Non sei tu
e nemmeno stanotte sarai
a cercarmi o a far correre lune e pianeti
per vederle scivolare come lieve mercurio
nel mio palmo di mano a goccia raccolto

E senza usare mai
altro che non sia
la parola amore
non è per te
che scrivo di te

PENSIERI LENTI



Da una pioggia all’altra,
troppo abile contorno
al mio dolore frantumato,
ritaglio pensieri lenti
a scomparire.

Alla finestra,
del mio fiato padrona,
appare autunno
e come di foglia
annerita all’acqua
io annuso l’umore
così l’animo mio soccombe
alla tua assenza
e docile
appeso al vetro
rimane a contare
goccia dopo goccia
quel che manca
al ritorno del sole.


TEMPI MORTI


Amo i tempi morti,
sollevati all’inganno del buio
poi trascinati come preda
sino all’aurora

Ricostruzione lenta
che passa cantando,
solfeggio impossibile
il mio gesto nel vuoto
che taglia e non risolve

Io temo i tempi morti
il loro svolgersi come bandiera
ch’è capriccio d’aria
o decorazione del nulla

E poi quel che resta
sbiadisce al sole altrui
del colorar castelli
che è come dipingere il niente.


A MEZZA VIA



Stelle basse
a mezza via d’azzurro
osservo da lontano

E credo sia
l’essere uomo
un privilegio triste
a sopportare

SIMBIOSI


Respireremo controvento
così alti nel cielo
da non ricordarci nemmeno
dell’anima nostra
Così s’imparerà
con la disciplina del tempo
a sfiorare distanze
mantenendo salda
la mano all’ostacolo
e calmo lo sguardo
all’orizzonte.
Tu  sarai raggio
a rincorrere ombre
ed io affannoso fiato di cane
per scaldarti le mani
nelle notti che lente,
sempre un poco più lente,
ci accoglieranno.

sabato 10 marzo 2012

ANIME VERSATILI


Come anime versatili al gioco e alla celia
siamo tornati dal canile deserto dei nostri amori
dove in gabbia parole disperse scivolavano
tra perfidi ammiccamenti d’alterno volare.

Così eccoci, era questa l’ora vana,
e da qualche parte dell’inverno
tra battiti d’ali spiumate ed un thè fumante
con cui traguardare il sole che cala,
qualcuno ancora aspetta
dalla nostra mano più stanca
un semplice gesto mimo d’amore


ARITMICA


Misuro tempi e distanze
con la fretta concessa a chi aspetta
da troppo tempo
un gesto, una voce, un amore
magari di scarto
Calcolo ritmi e mi impongo  cadenze
col passo rivolto ad est
e nel frattempo
sogno e respiro a singhiozzo,
mentre tu,
che non sai nemmeno accennare col piede
il battito lento del nostro andare,
ti lanci alle spalle
sciarpe di seta e manciate di sale
alla ricerca affannosa
di fortune da inventare
o forse da evitare

E POI...?


E poi…..?
Quand’anche avessi tutto tra le dita
ed ogni cosa conoscessi sino al limite estremo
dove acqua e fuoco danzano insieme
e notte fa rima con giorno
dove musica è spirito che ti attraversa
ed amore non è mai dettaglio da trascurare…..
ecco, in questo punto mi dovrei fermare,
per osservare muto la sua assenza da lontano.

E di tutto quell’arsenale  avrei solo noia
                                                                       senza lei
   che il giorno comanda come stella polare

Se avessi tra le mani le sue mani
sarebbe solo festa
da celebrare insieme
col dolce affanno dell’amore.
Di ogni alba saremmo respiro
e sgomento allo stesso tempo,
battito sordo che dal petto
senza fatica alcuna sale alle stelle,
ne fa sciarpa al collo
o diamante a baciarle i capelli.

IL TEMPO FERMO


Mi serve tempo.
Quello fermo d’un sorriso che solleva
o quello stanco ch’è difficile scordare
come sguardo attento che comprende
e non perdona.

Offesa l’aria a sera
con le parole che confermano
quelle che assolvono
o che santificano
pensieri ed omissioni.

Assuefazione al nulla
che nulla e nulla più
è ciò che resta da estirpare

E’ perché si parla poco,
ci si nutre a sottintesi,
immagini sognate,
desideri tristi
che diventano bisogni
inchiodati.

Poi si tace
una volta ancora muti
maestri d’imperizia
per quella sola nota
che resta da cantare

L'AMORE IN GITA SCOLASTICA


Sento ancora
le nostre voci cantare
sopra al rumore del treno
le immagino alzarsi in volo
come aquilone ordinato
e dal vetro volare
su prati e rotaie
a toccare  quel punto lontano
che non si riesce ancora a vedere

Sento ancora un battere sordo
che rallenta, poi corre,
cadenza passioni e minuti
senz’altra difesa
che un seno da accarezzare.

Dimmi,
cos’èra ciò che sentivo
se non lo posso chiamare
ancora oggi
col nome d’amore?

BELLE PERSONE

Le belle persone
si parlano con occhi distanti
si muovono veloci
schivando con mossa elegante
uno ad uno
i fiocchi della neve che cade
poi si catturano
e come schiavi incatenati
si accapigliano per l’ultima acqua
da offrire all’amico

Dormono, infine,
e la notte è padrona
di loro e dei loro peccati

Le belle persone siamo anche noi
per stanotte
e per le prossime ancora
sarà sogno a parlare
e parola a raccontare.

MORIA

Riemergo piano

E’ luna calante,
è notte delicata,
acqua stagnante intorno
che si muove appena sfiorata.
da toccare con mano leggera,
per non ferire e
non ferirsi.

Vivo in cerca di assoluzione
muovendo foglie e ricordo
all’unisono
ma non trovo armonia
attraversando amore
sapendo che arriverà
al momento giusto
o non arriverà mai