giovedì 6 giugno 2013

L'AMORE DI TEO


 

Chiara resta sempre in cortile più a lungo degli altri.

Forse è la sua natura. La vedi china su un fiore, e mentre gli parla lo accarezza piano come fosse di vetro, e sorride. Nessuno si avvicina a disturbare quell’intimità, solo l’infermiera, quando ormai tutti sono già rientrati le tocca una spalla e le sussurra qualcosa all’orecchio per guidarla poi docilmente all’interno.

Teo la osserva in silenzio dalla finestra al primo piano dondolando leggermente avanti e indietro il capo dal naso adunco con fare ipnotico e torturandosi un’unghia coi denti sino a scoprire la carne viva. I suoi capelli sono sempre più radi e la pelle è bianca, come di chi non sopporta il sole. Ma lui non sente nulla, così perso com’è nell’immagine di Chiara, minuscolo fagotto indifeso.

Poi torna in stanza, al suo quaderno dalle orecchie logore, i fogli che nemmeno stirati riescono più a sopportare quel continuo scrivere e cancellare, scrivere e cancellare… Calligrafia stentata per lunghe file di numeri in colonna, segreti inconfessati che spuntano da chissà quale bagliore, e in chissà quale incubo vanno poi a deragliare.

E mentre scrive sogna Teo, cinquant’anni suonati ma pensieri bambini, che inseguono forse una stella, forse il volo di un’ape, spinti da quell’unico alito di vento che il suo cuore riesce ancora a percepire per poi comunque andare a ricadere sempre sul volto di Chiara.

Chiara illuminata da un raggio sole, Chiara che sorride, Chiara che cammina con la sua veste bianca. Si sente bene in quei momenti Teo, si tocca la barba di due giorni senza rendersi conto di altro che non sia il tempo che manca al prossimo incontro, lui alla finestra, lei in cortile. 

Le ore nel mezzo solo rumore bianco in sottofondo.



 

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