Quando mise in moto l’auto era
quasi sera in quella domenica di novembre 89.
Una giornata come un’altra, in
una Milano dai colori spenti come una
vecchia cartolina in bianco e nero, passata in una casa altrettanto grigia e
fredda.
Roberto, che non aveva ancora una
ragazza, l’aveva trascorsa con l’orecchio attaccato alla radiolina a transistor
ascoltando i risultati delle partite di calcio, chiuso nella sua camera al
quinto piano della casa popolare di periferia dove viveva con l’anziana madre.
Ogni tanto lei si affacciava alla
sua stanza, cercando di perforare con lo sguardo l’oscurità calante tra i fori
delle tapparelle, poi immancabilmente gli diceva qualcosa, probabilmente solo per sentirne la voce risponderle.
Roberto stai leggendo ?
No mamma, sono quasi al buio…come
potrei ?
Ah…
E dopo un quarto d’ora
Roberto ti faccio un thè…?
Come vuoi mamma
Si, ora lo preparo
E così via per tutto il
pomeriggio.
Ma quel giorno era accaduto
qualcosa di diverso a turbare l’anonimo andazzo delle ore: l’Inter aveva perso
il derby. Ed aveva perso male, tre a zero, contro i cugini rossoneri che
veleggiavano nella parte medio bassa della classifica. La sconfitta aveva però degli
effetti preoccupanti sulla classifica di serie A: i nerazzurri, alla seconda
sconfitta consecutiva, erano stati avvicinati dagli odiati Juventini che ora si
trovavano, terzi, ad un solo punto. Poco più avanti, ma ancora raggiungibile,
il Napoli.
Roberto era un convinto tifoso
interista sin dalla nascita, ma non era un ultras; nei suoi ventotto anni di vita non era mai
andato allo stadio, lui sempre così riservato e quasi timoroso di infastidire
non avrebbe mai potuto confondersi col tifo chiassoso e caciarone di una curva.
Preferiva coltivare la sua passione da
casa ascoltando, come faceva da bambino in compagnia del padre, “tutto il calcio minuto per minuto”, e
lasciando alla propria fantasia il compito di immaginare azioni e passaggi
descritti dalle voci dei telecronisti.
“a te Ameri….” E subito nella sua mente la giornata di vento e di sole
a Lecce si trasformava nella pioggia sottile di Torino mentre la voce roca del
cronista iniziava con l’immancabile “qui a
Torino la situazione è immutata….”.
Magari in cuor suo sognando di
cantare i cori dei tifosi interisti “chi non
salta juventino è…è” e così via, ma senza mai aver avuto il coraggio di
indossare anche una semplice sciarpa ad indicare la propria appartenenza.
Quel pomeriggio Roberto era
deluso. Nei giorni precedenti si era lasciato andare sul lavoro, e ancor di più
al bar, giurando e spergiurando che l’Inter avrebbe chiuso in testa il girone
di andata con una domenica di anticipo. Ed era tanto convinto della cosa che si
era addirittura voluto concedere una cosa per lui assolutamente inusuale: aveva
scommesso dei soldi sulla vittoria dell’imminente derby.
Poca roba certo, adeguata alle
sue magre finanze di ragioniere assunto in via definitiva da poco tempo, ma
comunque una sommetta che in caso di perdita non avrebbe potuto destinare
all’acquisto di quello che era l’oggetto dei suoi desideri: un piccolo
televisore a colori, un semplice 14 pollici, da mettersi in camera per potersi
guardare in santa pace la tv steso sul letto senza dover rendere conto alla
mamma.
Sicchè, accendendo il motore della
sua vecchia Fiat Ritmo azzurra, ereditata dal padre, si era messo la mano in
tasca per toccare per l’ultima volta la busta col gruzzoletto, tutto in pezzi
da diecimila lire, che stava per consegnare al vincitore, il proprietario del
bar che da dietro al bancone lo aspettava con un ghigno beffardo.
Maledisse prima Van Basten, poi
il Milan tutto e infine la propria stupidità che lo aveva portato a questo bel
risultato, e si ripromise di non dire nulla alla madre; le avrebbe magari
inventato di aver perso la busta coi soldi tra la folla o che gliel’avevano
rubata in tram. Qualcosa, insomma,
avrebbe escogitato.
Mentre tornava dal bar, dove era
stato anche adeguatamente schernito dal vincitore della scommessa e dalla
compagnia dei presenti, decise di non aver voglia di tornare subito a casa;
l’idea di trovarsi sotto gli assilli della madre non gli piaceva, avrebbe fatto
un giro largo in tangenziale, tra le auto dei domenicali di ritorno dalla gita
al lago o dalla visita ai parenti fuori Milano.
E fu proprio in tangenziale che,
in lontananza, vide le luci intermittenti di un’auto ferma nella corsia di
emergenza. Istintivamente rallentò e con lo sguardo famelico del passante curioso,
si avvicinò con cautela. Accanto all’auto, col cofano aperto, un ragazza stupenda.
Nella luce del crepuscolo, illuminata a tratti dai fari delle auto che
sfrecciavano accanto, gli parve bellissima: bionda, con una minigonna a pieghe che
dondolando lasciava intravedere quasi l’orlo delle mutandine, un giubbotto
sintetico multicolore e un paio di scarponcini Timberland ai piedi. In quel
momento si girò verso il bagagliaio, sul retro della macchina, chinandosi forse
a cercare il triangolo e così facendo le si scoprirono le chiappe quel tanto
che bastava a farlo distrarre e frenare di botto istintivamente mentre dalla
bocca gli sfuggiva un sonoro Ollamadoooonna…!
Dietro di lui quasi
immediatamente partì un coro di clacson inferociti a fargli da sottofondo.
Pensando che lo strombazzamento
fosse rivolto a lei la bionda si rialzò e con ampi gesti del braccio sembrò
mandare a quel paese tutta la fila che nel frattempo si stava formando.
Roberto, con l’auto quasi ferma
in mezzo alla corsia, si scosse e senza pensarci due volte accostò davanti a
quella della ragazza.
Posso esserti utile ?– disse appena sceso mentre due stupendi occhi
verdi osservavano quel ragazzo dall’aria stralunata con gli occhialini posati
un poco di traverso sul naso.
Maccheccacchio ne so……. Sta macchina del menga non ne vuol sapere di andare……; stavo
tornando a casa da San Siro per andare a fare casino in piazza con gli amici del
Milanclub e sta cazzo di carriola a vapore ha cominciato a sputacchiare e
singhiozzare, poi dopo un po’ si è proprio fermata del tutto e adesso non ne
vuol sapere di ripartire. – disse la ragazza con gli occhi luccicanti di rabbia a malapena repressa.
Dio che incazzatura …..che quelli mica mi aspettano - riprese tirando
un calcio non troppo convinto a una gomma.
Roberto, che di automobili non
aveva nessuna nozione se non quelle –esclusivamente teoriche- relative al
cambio di una ruota, assunse un’aria preoccupata, cercando di dare di sé
un’immagine rassicurante.
Hmh, vediamo cosa può essere….-disse avvicinandosi al cofano
aperto.
Nel contempo gli cadde lo sguardo
sulla bandiera rossonera che si intravedeva avvolta e posata sul sedile
posteriore.
Ecco l’insidia, ti pareva…..-pensò- certo che questa ragazza è così carina….
Con fare pensieroso girò un poco
intorno alla macchina mentre lei lo seguiva con sguardo titubante.
Ma la benzina c’è nel serbatoio…..? chiese improvvisamente lui come
fulminato da una illuminazione divina.
Ah bèh….la benzina…..si certo, credo che ci sia – rispose incerta
lei.
---
Uscendo dall’autogrill i due
rivolsero un ultimo sguardo complice all’interno verso la cassiera che li
salutava sorridendo. Roberto si tirava dietro una borsa colma di salumi, pane
sardo, chianti ed ogni altra porcelleria
era passata loro per la mente.
Avevano deciso di festeggiare con un banchetto improvvisato il pieno di benzina
che avrebbe permesso a lei di tornare a casa senza chiamare il carro attrezzi,
e a lui di conoscere quella strafiga che, incredibile a dirsi, lo aveva
invitato a casa sua per festeggiare la vittoria del derby. Mentre lei apriva il
baule per posare le borse Roberto le disse:
sarà meglio togliere quella tanica o tutto poi puzzerà di benzina…..
già, hai ragione…- rispose la ragazza mentre lui spostava il
contenitore tra i sedili. Poi, chiudendo il portellone, gli fece un cenno con
la mano e con un sorriso invitante e una strizzata d’occhio gli disse:
ok, seguimi, casa mia non è molto distante.
Roberto quasi non credeva fosse
possibile una situazione del genere stesse capitando proprio a lui: si sentiva
parte di un sogno dal quale però non aveva alcuna voglia di svegliarsi.
Salì sulla Ritmo con troppa
energia, tanto che chiudendo la portiera gli si staccò un altoparlante dal
pannello è gli rotolò tra i piedi. Ma lui, eccitato com’era, fece finta di niente e senza nascondersi una
certa frenesia accese il motore.
La sera stava diventando
rapidamente notte, ed una fastidiosa nebbia era improvvisamente scesa sulla
strada. La ragazza guidava veloce e in maniera spregiudicata zigzagando tra le
file di auto incolonnate; Roberto, la cui guida era sempre stata calma e
metodica, seguiva con fatica i due fanali della sua auto; ma appena usciti
dalla tangenziale si ritrovò nel traffico diretto al centro.
Gli bastò una semplice
disattenzione di pochi secondi ad un
semaforo rosso, mentre cercava di recuperare l’altoparlante che gli rotolava tra
i pedali, per perderla. Davanti a sé ora vedeva centinaia di fanali accesi,
tutti uguali, tutti in movimento in quella dannata atmosfera lattiginosa e non
sapeva più quale fosse l’auto della
ragazza. Credette di riconoscerla in una delle macchine che aveva davanti, e si
lanciò all’inseguimento senza pensarci, tagliando la strada a destra e a manca.
Ma dopo poco si accorse di aver sbagliato obiettivo. Non era quella.
Sconsolato si fermò lungo uno dei
viali interni, imprecando contro la propria stupidità per non essersi fatto dare,
se non l’indirizzo, almeno il numero di telefono.
Quando rientrò a casa, dopo due
ore di girovagare a caso per la città immaginandosi di ritrovare la bionda in
piedi accanto alla macchina che lo aspettava a qualche angolo di strada, la
madre era ancora in cucina ad attenderlo.
Come tutte le sere si era
addormentata davanti alla TV accesa con la testa reclinata sulla spalla ed un
vecchio plaid sulle ginocchia.
Roberto si avvicinò piano, le
posò una mano sulle sue e le sussurrò dolcemente all’orecchio:
mamma, su, svegliati è ora di andare a letto.
Gli occhi della madre lo
guardarono stupiti per qualche attimo senza riconoscerlo, poi, una volta messa
a fuoco l’immagine gli disse:
ah, sei tu, ma che ora è…?
E’molto tardi mamma, dovresti…
Senti – lo interruppe lei alzandosi faticosamente dal divanetto- ti ha cercato una ragazza stasera, ha
detto che ti sei dimenticato i documenti nella sua spesa…..chi è? E di che
spesa parla ?
Il ragazzo si fermò come
pietrificato.
Bah, comunque ha lasciato il suo numero di telefono, ha detto di
richiamarla appena puoi….- disse porgendogli un bigliettino.
Il ragazzo si girò verso la madre
e con gli occhi che gli brillavano di felicità
le stampò un bacio sulla fronte.
Grande mamma, grande !! Buonanotte
Poi si diresse verso la sua
camera saltellando come un folletto tra le mattonelle in marmiglia del
corridoio,
Dalla TV in cucina gli ultimi
commenti sulla penultima di andata gli giunsero come sinfonia.
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